La cinta senese non è solo una delle tante carni di maiale che possiamo trovare nelle macelleria o in qualche mercato della Toscana. In realtà si tratta di un animale che fornisce carne di grande qualità e con caratteristiche di salubrità; inoltre ha origini antiche, visti i numerosi riferimenti pittorici dal medioevo al Rinascimento. Se il maialino di Cinta Senese è stato inserito in immagini d’arte sacra, ciò significa che nei secoli scorsi aveva un’aura di sacralità. Piergiacomo Petrioli, storico dell’arte, ci spiega quali sono le origini di questo animale facendo un viaggio nel tempo sulle ali delle rappresentazioni pittoriche medioevali.
Conosci la cinta senese?
La cinta senese è un suino nero con una fascia (o cintura, cinta) bianca. Si tratta di una varietà tipica e particolare di maiale, prodotto di punta dell’allevamento toscano e prodotto DOP dal 2012, allevata maggiormente nella zona dei boschi del Chianti senese, allo stato semi brado.

Perchè è pregiata la carne di cinta senese?
Quasi estinta del tutto, viene riscoperta tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo scorso quando tale razza viene codificata nel 1927 da Ettore Mascheroni nel suo Trattato di Zootecnia speciale. Oggi è assai pregiata per le sue particolari qualità; infatti, anche se all’apparenza la sua carne appare molto grassa, possiede una maggiore percentuale di grassi insaturi e minore di quelli saturi; il suo grasso è costituito per il 57% da acido oleico (quello dell’olio di oliva, per intenderci) benefico per il sistema cardiovascolare e con effetti antiossidanti.
Quindi una carne molto sana, ed anche molto costosa, poiché il maiale necessita di essere lasciato libero nei boschi a nutrirsi di ghiande e radici, ed è di stazza più piccola rispetto alle razze suine più comuni, come il large white (quindi produce meno carne a maggior costo). Tuttavia è presto divenuta per le sue qualità e il suo gusto un prodotto di punta dell’allevamento toscano, come i buoi di razza chianina.
In che modo la pittura ci ha svelato le origini di questo suino?
La cinta ha origini antiche, come mostrano gli affreschi del Buongoverno di Ambrogio Lorenzetti in Palazzo Pubblico a Siena del 1342, dove viene dipinta una cinta, e numerosi altri riferimenti pittorici dal medioevo al Rinascimento (io ne ho trovati più di 90).

Nel 1346, ad esempio, un maialino di cinta viene dipinto sulla copertina del registro dell’Abbondanza (Archivio di Stato di Siena). Il Magistrato di Gabella l’Abbondanza con il Provveditorato delle bestie dal pié tondo era un ufficio del Comune di Siena preposto al controllo dell’approvvigionamento e alla vigilanza di beni alimentari per prevenire le carestie. L’immagine della cinta dimostra non solo la popolarità di tale maiale, ma anche la sua importanza all’interno del sistema economico cittadino.

Dal Tredicesimo secolo fino al Settecento, si trovano molte raffigurazioni della cinta, specialmente nel territorio del Chianti, ma anche fuori dei confini toscani, ad esempio, in Umbria, Marche, Emilia Romagna, particolarmente a Bologna dove è dipinta nella pala dell’altare maggiore nella chiesa di San Giacomo in via Zamboni (opera di fine Trecento di Paolo Veneziano), o nel polittico di Cristoforo di Benedetto nella Pinacoteca Nazionale. E pure in Piemonte, Liguria, Lombardia, Friuli…

È da notare tuttavia come, in termini cronologici, una delle più antiche raffigurazioni di un maiale cintato in pittura, non sia né senese, né italiana, ma si trova nella chiesa di St. Matthäus, in Austria, a Murau, nella regione della Stiria, prossima a Grasz, al confine con la Slovenia, datata alla fine del XIII secolo. Quindi, è possibile ipotizzare che questo suino originariamente non fosse razza autoctona toscana, bensì probabilmente introdotta durante la migrazione longobarda del VI secolo dalla Pannonia (non a caso Bologna ed Arezzo, dove si trovano altre cinte del Duecento, sono centri longobardi).

Si può quindi supporre che tale suino, giunto in Italia, in tarda antichità, con i Longobardi, si sia poi diffuso, trovando terreno propizio, principalmente nella zona del Chianti toscano, raggiungendo l’apice di popolarità durante il Trecento e il Quattrocento, per poi gradualmente estinguersi, a causa dell’introduzione di altre razze suine, economicamente e produttivamente più vantaggiose, tornando infine in auge gradualmente in epoca moderna, sino a divenire oggi prodotto gourmet, simbolo dell’eccellenza gastronomica senese.
Per maggiori approfondimenti: Piergiacomo Petrioli, Porci in posa. La cinta senese nell’arte
Betti Editore, 2020