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20 anni sono passati. G8 di Genova.

All’epoca dei fatti molti di noi pensarono: tra 20 anni sapremo la verità.

Ebbene sono passati quei 20 anni, dal sanguinoso e violento luglio 2001 a Genova. Un evento che segnato l’inizio di un millennio, che ha stabilito uno spartiacque tra Stato e cittadini e che appena due mesi dopo aver lacerato una città, una generazione, la possibilità di una democrazia è stato obliterato dall’attentato alle torri gemelle di New York. Una catastrofe che ha impedito a un’altra di deflagrare completamente.

Sono passati 20 anni di processi, testimonianze, deposizioni, torture e tanto, tanto materiale audio e video. Perchè il G8 a Genova fu anche un debutto per l’informazione dal basso, civile che tuttora non smette di fluire sui canali digitali, personali, portatili. E in questa liquidità mescola memorie proprie, altrui, letture, suggestioni, ipotesi.

Perchè all’esperienza in prima persona di quel corteo – e delle cariche insensate dei carabinieri e dei poliziotti, degli spari, delle urla, degli inciampi sui marciapiedi, delle notizie che si rincorrevano come assolutamente fondate e poi false, del silenzio di alcuni vicoli un attimo prima dell’assordante tonfo di morte – si confonde il racconto degli altri, di chi c’era, dei giornalisti, dei conoscenti, degli amici degli amici. A questi si aggiunge la mole di informazioni sfocata, incoerente, antiestetica che per due decadi ha puntato il dito contro rappresentanti di istituzioni e poi di movimenti alla ricerca costante di colpevoli. La macelleria messicana della Diaz.

Io ricordo poco ma ho letto molto sul G8 di Genova. E ho ascoltato. Ho fatto parte di quei No-Global portando i valori allevati nel terreno fertile di Slow Food, che proprio in quegli anni lavorava per tutelare i Presidi e la biodiversità contro gli OGM; che si batteva per la sovranità alimentare e per restituire centralità ai piccoli produttori e agli artigiani alimentari, contro lo strapotere delle potenze industriali.

Sono passati 20 anni e molti di noi sono ancora instancabili attivisti, ambientalisti, movimentisti: se quella quinta potenza mondiale che era il movimento nato a Seattle si è sciolto, è solo perchè dalle sue ceneri si sono generati nuovi percorsi per riequilibrare ricchi e poveri nel mondo, per assicurare un futuro al pianeta. Per realizzare quella immensa comunità che vive… senza distinzione di regno animale, vegetale, minerale.

E io sono ancora qui, che cerco di districare i miei ricordi da quelli degli altri, senza cedere pezzi all’oblio. Perchè oltre a essere portatrice di memoria sono anche una coltivatrice di cultura che rigenera. La cultura che rigenera va oltre la sostenibilità, la resilienza, il geocostruttivismo. Oltre quel pensiero sociologico che ci vuole consumatori consapevoli (ma pur sempre consumatori). Per affermare una relazione orizzontale con la Natura: non di sfruttamento o di parassitismo, ma di collaborazione nel rigenerare le risorse.

Ciclicamente le masse si organizzano in movimenti dotati di senso per poi disperdersi e condensarsi in organizzazioni vicine ai territori. Dobbiamo fare il passo successivo: animare quelle organizzazioni che come Slow Food aiutano i territori a rigenerare le proprie risorse senza violentarli. Per esempio con la diffusione di buone pratiche agricole e dell’agroecologia.

In questo modo il locale può connettersi con il globale e finalmente nutrire quella comunità naturale che si chiama vita sulla Terra.

Marina Kovari, Slow Food Bologna