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Guardare al futuro del cibo: lo scenario dell’IPCC

Marzo, 2023. E’ stato diffuso un Rapporto di Sintesi del Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC che riassume lo stato delle conoscenze sui cambiamenti climatici, i loro impatti, i rischi, le misure e le strategie di mitigazione e adattamento. Il Rapporto si rivolge ai politici e riconosce: il valore di diverse forme di conoscenza e lo stretto legame tra adattamento ai cambiamenti climatici, mitigazione, salute degli ecosistemi, il benessere umano e sviluppo sostenibile. Infine riflette sulla crescente diversità degli attori coinvolti nelle azioni da intraprendere per arginare gli effetti del clima che cambia.

Che cosa hanno elaborato gli scienziati?

Circa 3,3-3,6 miliardi di persone vivono in contesti altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Poichè lo sviluppo dipende anche da questa vulnerabilità, l’aumento degli eventi estremi ha esposto milioni di persone a una grave insicurezza alimentare e a una ridotta sicurezza idrica. Dove? In Africa, Asia, America centrale e meridionale, le isole del perimetro artico. I più colpiti sono le popolazioni indigene, i piccoli produttori e le famiglie a basso reddito che hanno visto distruggere le proprie case e infrastrutture con effetti negativi sul genere e sull’equità sociale.

Tra il 2010 e il 2020, la mortalità dovuta a inondazioni, siccità e tempeste è stata 15 volte più elevata nelle regioni altamente vulnerabili, rispetto alle regioni con vulnerabilità molto bassa. Circa la metà della popolazione mondiale sperimenta una grave scarsità d’acqua per almeno una buona parte dell’anno a causa di una combinazione di fattori climatici e non climatici.

Aumentano l’insorgenza di malattie di origine alimentare legate al clima e l’incidenza di malattie trasmesse da vettori (come i virus). Emergono anche problemi di salute mentale associati all’innalzamento delle temperature, ai traumi da eventi estremi e alla perdita dei mezzi di sussistenza.
Prevedibile conseguenza è la “migrazione pressante” di moltissime persone in Africa, Asia, Nord America e America Centrale e Meridionale, nei piccoli Stati insulari dei Caraibi e del Pacifico meridionale (in modo sproporzionato rispetto alle loro ridotte dimensioni demografiche).

Che cosa possiamo ragionevolmente aspettarci nel prossimo futuro?

E’ facile intuire come i cambiamenti climatici stiano ostacolando gli sforzi messi in campo per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile soprattutto nei settori più esposti, come l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca, l’energia e il turismo. Sebbene la produttività agricola complessiva sia aumentata, questi hanno rallentato la crescita negli ultimi 50 anni a livello globale (registrando tuttavia impatti positivi in alcune regioni ad alta latitudine). Il riscaldamento e l’acidificazione degli oceani hanno influito negativamente sulla pesca e sull’acquacoltura dei molluschi in alcune regioni oceaniche.

Nel breve termine, si prevede che ogni regione del mondo dovrà affrontare un ulteriore aumento dei rischi climatici, che metteranno in serio pericolo la vita sul Pianeta. Da un lato inondazioni nelle città, nelle regioni costiere e in altre zone a bassa altitudine, perdita di biodiversità negli ecosistemi terrestri, d’acqua dolce e negli oceani, diminuzione della produzione alimentare. Dall’altro lato smottamenti, frane e scarsità di acqua possono portare a gravi conseguenze per le persone, le infrastrutture e l’economia nella maggior parte delle regioni montane.

Gli scienziati osservano come l’insicurezza alimentare e l’instabilità degli approvvigionamenti causate dal clima intensificati dal riscaldamento globale, anticiperanno una competizione per la terra, tra espansione delle cerchie urbane e contrazione delle campagne, tra incipienti pandemie ed eterni conflitti.

Cosa stiamo facendo per invertire la tendenza?

Diverse sono le opzioni di mitigazione e di adattamento.

Dal fronte della mitigazione, stiamo lavorando nella direzione delle fonti rinnovabili, delle infrastrutture verdi urbane, della gestione sostenibile delle foreste, delle colture e dei pascoli. Dal 2010 al 2019 infatti i costi unitari dell’energia solare (85%), dell’energia eolica (55%) e delle batterie agli ioni di litio (85%) sono diminuiti mentre abbiamo registrato una forte diffusione.

Tuttavia queste misure comportano dei compromessi: per esempio nel caso delle biomasse possono avere impatti socio-economici e ambientali negativi, tra cui la perdita di biodiversità a favore delle colture dedicate, i diritti delle popolazioni indigene a sfruttare le proprie foreste.

Occorrono dunque approcci integrati che sappiano soddisfare molteplici obiettivi, sotto il segno della giustizia ambientale: incentivare diete sane e sostenibili, ridurre gli sprechi alimentari, convertire la produzione agricola in processi e sistemi sostenibili possono liberare terreni per la riforestazione e il ripristino degli ecosistemi. I prodotti agricoli e forestali ottenuti in modo rigenerativo, compresi i prodotti in legno a lunga durata, possono essere utilizzati al posto di prodotti ad alta emissione di CO2.

Dal punto di vista dell’adattamento è imperativo il mantenimento dei servizi ecosistemici su scala globale, che dipende da una conservazione efficace ed equa di circa il 30-50% delle aree terrestri, d’acqua dolce e oceaniche della Terra, compresi gli ecosistemi quasi naturali. Bisogna però limitare il riscaldamento globale (che aumenta l’assorbimento e lo stoccaggio del carbonio).

In conclusione

Fronteggiare gli effetti dei cambiamenti climatici significa cambiare integralmente il nostro modo di agire, che oggi comporta irreversibili danni al Pianeta. La strada non è quella del colonialismo capitalistico bensì delle culture rigenerative, che stanno facilitando un approccio cooperativo nei confronti delle risorse naturali e dei suoi custodi, come le popolazioni indigene. Altrimenti ci ritroveremo una società dilaniata da sanguinose disuguaglianze, concentrata in poche aree del pianeta e destinata a guerre per l’accaparramento di risorse in esaurimento.

Dal punto di visto di chi come noi si occupa di cibo, considerando lo stretto legame alimentazione-salute, dobbiamo preoccuparci di politiche alimentari a scala globale (non più solo urbane). Di qui la food policy che stiamo promuovendo nella vasta area metropolitana di Bologna, dagli Appennini alla pianura, per ridurre la perdita e lo spreco di cibo, per sostenere diete sane, equilibrate e che contribuiscono a formme di economia sociale, alla tutela della biodiversità e al mantenimento dei servizi ecosistemici.

Per saperne di più sull’IPCC e i suoi Rapporti

Il sito italiano ufficiale con aggiornamenti e news del Panel Intergovernamentale sui Cambiamenti Climatici (IPCC) è curato dalla Fondazione Euromediterranea per i Cambiamenti Climatici.