L’ultima volta che sono stata nel Cilento fu nel 2002. Al tempo lavoravo al Ministero dell’Ambiente e avevamo da poco dato alle stampe il primo Atlante dei Prodotti Tipici dei Parchi Nazionali italiani in collaborazione con Slow Food.
Ero andata a stringere le mani a tutte quelle persone che trasformano i sogni in progetti per il futuro e sono capaci con sorriso e determinazione di superare qualsiasi ostacolo. Tra questi c’era anche Angelo Vassallo. Fu lui a raccontarmi la storia del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Fu lui a farmi innamorare della bellezza senza indicatori degli 80 borghi che si contendono oltre 186mila chilometri di biosfera, interrotta solo da due siti UNESCO (le antiche Paestum e Velia; la Certosa di Padula). A lui ho dedicato questi 5 giorni (24-28 luglio 2021) di camminate tra la montagna e il mare, tra i sapori autentici e un’antica ospitalità che rendono il Cilento con il suo Parco un luogo dell’anima.
Da Bologna a Battipaglia e poi Palinuro (SA)
In viaggio con un’auto ibrida, io e le mie amiche siamo partite da Bologna puntando il navigatore su Battipaglia (SA); è lì che si è consumato il primo “peccato di gola”, agognato per circa 6 ore di autostrada MI-NA e poi SA-RC: il Caseificio Vannulo. Lungo la Statale Tirrena Inferiore, all’altezza di Capaccio, la Tenuta della Famiglia Vannulo è una meta di gastronomico pellegrinaggio che offre, oltre alla possibilità di acquistare una delle mozzarelle più buone del Sud Italia, anche una yogurteria, una bottega del cioccolato, una bottega del pane, un ristorante e per finire una bottega di pellami. Nel perimetro dell’azienda sono visitabili il museo e l’allevamento di bufali.
Per goderci ogni istante del viaggio, ad Agropoli Sud abbiamo svoltato sulla Strada Regionale 267 direzione Castellabate (dove hanno girato il film Benvenuti al Sud nel 2010), poi lentamente abbiamo ammirato Licosa e Ogliastro Marina, scendendo verso Agnone Cilento, Acciaroli e Pollica, Marina di Casal Velino, Pisciotta e infine Palinuro. Giusto in tempo per farci il primo bagno delle ore 19 nella spiaggetta di Ficocella.
E la cena? Sia mai che saltiamo un pasto: la sig.ra Milvia ci ha aspettato ‘ncopp a Camerota nella sua trattoria Rianata ‘a Vasulata. La Rianata è la tipica pizza rossa con origano che viene cotta nel forno, mentre la vasulata deriva dai basoli che ricoprono la strada lungo la quale si trova la trattoria. Le pietanze erano tutte disposte in pirofile accanto al forno e ce le ha raccontate il papà: siamo entrate, abbiamo scelto quello che volevamo (tutto!) e poi ci siamo accomodate al piano di sopra, dove abbiamo ammirato il profilo del borgo antico di Camerota, con le sue scale impervie. Tutto squisito.
Capo Palinuro, oasi WWF Grotte del Bussento, Scario
Abbiamo affittato una piccola imbarcazione per visitare le insenature e le grotte che cesellano Capo Palinuro (come la Grotta Azzurra, quella “originale”) fino alla spiaggia del Buon Dormire. Nel pomeriggio ci siamo addentrate in auto fino all’oasi delle Grotte del Bussento, alla cascata dei Capelli di Venere, alla cavità carsica detta Inghiottitoio. Lungo la strada abbiamo passeggiato tra Caselle in Pittari, Casaletto Spartano, Morigerati, per poi arrivare a Scario, in tempo per la festa di Sant’Anna (26 luglio), patrona del paese e protettrice delle donne in attesa (e degli orefici).
Dal punto di vista gastronomico, il Cilento è noto per gli studi rigorosi di Ancel Keys e sua moglie, americani di nascita ma cilentani di adozione. Nel 1975 il libro Mangiar bene e stare bene espressero i concetti base della dieta mediterranea raccogliendo (e testando) molte ricette del luogo. Ovunque ci siamo sfamate – nei panifici, nelle pasticcerie, nelle gelaterie, nei piccoli ostinati alimentari – abbiamo mangiato benissimo variando dai classici (parmigiana, fritture, pizze e focacce, verdure ripassate e ripiene…) ai super classici (ragù, mozzarella, pescato).
Spiaggia delle Saline e Marina di Camerota
I colori del mare dipendono dai fondali: sia la costa sabbiosa che quella rocciosa convincono il Tirreno con i toni del blu più puro e brillante. La Spiaggia delle Saline a Palinuro ci ha conquistato per l’organizzazione e la pulizia. A far da guardia ai bagnanti abbiamo accarezzato degli splendidi labrador addestrati per il salvataggio.
Da Palinuro a Marina di Camerota si inseguono i lidi e i villaggi turistici per poi finire sul porticciolo, dove sfilano ordinatamente i pescherecci. Proprio con loro abbiamo prenotato un’attività di pesca-turismo, la “lamparata“: un’escursione notturna per conoscere l’antica arte della pesca con la lampara, insieme a uno dei suoi più nodosi professatori, Marco 70 anni di cui oltre 55 trascorsi dall’alba al tramonto remando a mani nude tra gabbie di reti e galleggianti. La luce della lampara attira il placton che a sua volta trascina predatori e prede. 35kg di pesce azzurro (alici, occhiate, sugarelli, sgombri…) in meno di due ore: la generosità del mare si rigenera a patto di trovare il giusto equilibrio tra il prelievo delle specie ittiche e il fermo biologico. La serata si è conclusa sulla spiaggia della baia di Pozzallo con un’ottima cena espressa, sotto le stelle. Pesce freschissimo e un ottimo vinello bianco!
Le Gole del Calore e Felitto
Da Palinuro ci siamo inerpicate per la Statale Regionale 562 che sfiora San Severino, Massicelle, Futani, Vallo della Lucania. Ci siamo fermate per un caffè al bar, un gelato, per il giornale, per respirare il tempo lentissimo dei borghi. Da Moio della Civitella fino a Felitto la strada si assottiglia, il manto è sconnesso e le strettoie impediscono qualsiasi tentativo di sorpasso. In compenso, tra tornanti e curve a gomito, il panorama è grandioso: flora e fauna intatte.
Scendendo per la località Remolino, si trovano le Gole del fiume Calore, un’area protetta dove abbiamo praticato canoa e trekking; a circa 6km abbiamo ammirato il ponte medievale Magliano Nuovo.
Felitto è anche la patria del fusillo (un tipo di pasta) al sugo, rigorosamente di castrato o di vitello. Non ci sono rivali: l’agriturismo L’Occhiano detiene la palma per miglior pasto in Cilento ed. 2021. Commovente: la proprietaria e suo marito ci hanno trattato come nipoti, offrendoci una quantità tale di salumi e formaggi genuini, torte salate, parmigiana di borragine e ciambotta, per finire due guantiere di fusilli… che sentendoci ormai parte della famiglia, abbiamo approfittato dell’ombra del centenario occhiano per digerire distese sull’erba, cullate dal vento che scuoteva le chiome. Il proverbio dice: chi chianta l’Occhiano campa cient’anni” (chi pianta l’Occhiano vive cento anni).
Da Palinuro a Bologna
E’ stata molto dura.
Marina Kovari per Slow Food Bologna