Oggi parliamo di cozze, regine povere dei nostri mari. Il nome scientifico è Mitilus Galloprovincialis, ma questi molluschi bivalve vengono denominati diversamente nelle regioni del nostro Paese in cui sono prodotti e consumati: pedoci in Friuli-Venezia Giulia, peoci in veneto, muscoli in Toscana e Liguria, moscioli nelle Marche, mentre in tutto il Sud Italia vengono chiamate semplicemente cozze. I mitili crescono spontanei in tutto il Mediterraneo, in zone ove sono presenti scogli, ma sono diffusi anche sulle coste del Mar Nero, dell’ Atlantico orientale, del Nord Africa, delle Isole Britanniche.
Personalmente ho assaggiato questi frutti di mare praticamente lungo tutte le coste italiane, ma anche all’estero, persino nel nord della Francia ed in Norvegia. Il profumo ed il sapore di memorabili piatti di cozze fumanti mi riportano ad alcuni ristoranti della costa barese e campana, ma anche alle osterie della Sacca degli Scardovari ed a Venezia; la mia memoria si sofferma in particolare in una bettola trovata per caso nei viottoli di Muggia (Trieste), dove un burbero oste di poche parole, chiamato l’Orco, ci fece degustare semplici spaghetti alle cozze, condite solo con olio e prezzemolo, da far resuscitare i morti.
Non posso dimenticare le cozze pelose (scientificamente Modiolus barbatus), dal guscio rosso-brunastro e ricoperto di una fitta peluria, dal gusto marino deciso ma anche dolciastro, apprezzate soprattutto sulle coste baresi.
Crescono spontaneamente sulle scogliere e sono fruibili rigorosamente crude e freschissime: se proprio volete cucinarle fatelo, ma senza dirlo in giro, fareste la figura dei trogloditi. Io stesso, come tutti i bambini sulla costa barese, sono stato iniziato alle cozze crude intorno ai 10 anni di età, attingendo dai banchi delle pescherie nei porti fra Bari e Trani; ho superato indenne il pericolo di epatite virale, mentre l’epidemia di colera del 1973 resta solo un lontano e quasi irrisorio ricordo.
Ancora oggi è difficilissimo che io consumi molluschi crudi in qualsiasi parte d’Italia, tranne quando supero il confine regionale ed entro in Puglia, dove la cultura e la sapienza dei venditori e dei ristoratori rappresenta il miglior strumento di protezione, per gustare appieno i sapori dei mitili in sicurezza.
Sempre tornando all’età infantile, rammento di aver mangiato cozze che crescevano spontanee e raccolte direttamente su alcune barriere di roccia vicine alle spiagge in Romagna; in Grecia le trovavo abbondanti vicino alla riva, poiché gli indigeni non usano i mitili nella loro tradizione culinaria.
Oggi la gran parte delle cozze che troviamo sui banchi di vendita provengono da allevamenti, che si prestano a produzioni rilevanti sotto il profilo quali-quantitativo; qualcuno ancora raccoglie e consuma frutti di mare che crescono spontanei, ma è una pratica vietata e rischiosa in mancanza di stabulazione e controlli. L’unico frutto di mare della famiglia dei Mitili che proviene esclusivamente da riproduzione spontanea è il Mosciolo selvatico di Portonovo, pescato nella riviera del Conero ed in particolare nella baia di Portonovo. Tale tratto costiero, caratterizzato da una scogliera rocciosa, è particolarmente adatta alla proliferazione di questo mitile. Negli anni ’50-60 la pesca di questi molluschi crebbe in maniera massiccia, grazie alla valorizzazione portata avanti dalle piccole trattorie di Portonovo. La raccolta avveniva con piccole barche di pescatori e il supporto di subacquei. Le difficoltà connesse alle modalità di pesca e la concorrenza delle cozze di allevamento, determinarono dopo gli anni ‘70 la diminuzione drastica della raccolta con pericolo di estinzione di questa tradizione.
Nel 2004 questo raro prodotto marino è entrato nella famiglia dei Presidi Slow Food, per la sua tutela e valorizzazione; ora la pesca viene regolamentata per mantenere inalterato l’equilibrio tra quantità pescata e capacità di riproduzione. Inoltre alcuni ristoranti ed osterie di questo tratto dell’Adriatico rendono fruibili questi preziosi frutti di mare, valorizzandoli in tradizionali ricette, semplici e gustose.
Non è la prima volta che ci fermiamo all’Osteria Emilia per godere di buona cucina, ma soprattutto della Baia di Portonovo, dalla bellezza che trafigge e con una fragranza aggiuntiva ad ogni piatto servito nella splendida veranda sulla spiaggia.
La fondatrice del locale, Emilia, iniziò l’attività nel 1929 organizzando momenti di ristoro per i primi turisti, ma solo nel 1950 nacque il ristorante dove si trova ora. L’esercizio creato da Emilia a Portonovo ha mutato i contorni di quel territorio che, da luogo selvaggio ed inospitale, si è trasformato in area di pregio naturalistico, rigenerando nel contempo le tradizioni locali e tramandando l’attività da madre in figlia.
Oggi è la sua famiglia ad accogliere ospiti e visitatori: l’ormai anziana figlia Marisina sta in cucina, mentre la nipote Federica si occupa della gestione e della sala. Le tante foto-ricordo sulle pareti intrattengono gli ospiti con racconti di quasi un secolo di storia e tanti personaggi che hanno visitato il ristorante.
Dall’attento esame del menu ho notato con piacere che nulla è concesso ai gusti modaioli moderni: non si servono gli abominevoli antipasti di salmone proveniente da chissà dove, né le tartare di tonno rosso al limite dell’estinzione, mentre gli impiattamenti sono onesti e lineari. Al contrario si privilegiano servizio semplice ma accurato, ricette a base di specie ittiche locali quali moscioli e vongole, sardoncini e calamari, sogliole e rombi.
Nella nostra ultima recente visita ci siamo dedicati soprattutto ai moscioli, alla marinara, gratinati e nel gustosissimo sughetto usato per condire gli spaghetti; inoltre il classico piatto di pesce a vapore con sogliole, scampi, mazzancolle ed orate accompagnati dalla maionese fresca e paccasassi (saporita verdurina selvatica locale).
Da non perdere fra i dessert la pannacotta col lonzino di fico e salsa di sapa e le deliziose crostate.
La carta dei vini è discretamente ampia e prevede prevalentemente verdicchi e bianchelli, ma sono disponibili anche bollicine nazionali e qualche champagne. Il personale di sala è gentile e premuroso, ma difficilmente riesce a far distogliere lo sguardo dal bellissimo panorama marino che attrae e completa la migliore accoglienza per i fortunati avventori.
È curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che valgono molto, hanno
le maniere semplici; e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per
indizio di poco valore
Giacomo Leopardi